In Gran Bretagna, madre e maestra del liberismo, sul mercato energetico si applica il
“price cap”.
Non è applicato a tutti i contratti ma esiste e nessuno si scandalizza. L’autorità fissa mensilmente qual è il prezzo massimo applicabile. Non è scandaloso, anzi è molto ragionevole. Perché ? Perché i servizi energetici ed i prodotti energetici sono assolutamente indifferenziati, per tutti i fornitori e per tutti i clienti. E’ una situazione abbastanza unica legata alla filiera energetica. Tutti i fornitori vendono il medesimo prodotto indifferenziato che possono acquistare al medesimo prezzo con costi di trasporto e distribuzione che sono stabiliti dall’Autorità e sono uguali per tutti. In prima approssimazione il “Valore Aggiunto” del fornitore è rivendere l’energia, stampare e inviarti la fattura.
La conseguenza: l’agente che vende il bene-servizio ad un prezzo doppio rispetto alla concorrenza puo’ farlo soltanto adottando pratiche ingannevoli e giocando sulla disinformazione del cliente.
Inoltre l’energia è equiparabile ad un bene primario, almeno in occidente nel terzo millennio, ed il tema della Povertà Energetica è chiaramente messo al centro dell’attenzione delle istituzioni europee.
Chiarito questo, perché lo stesso identico prodotto-servizio è venduto oggi a prezzi significativamente diversi? Perché un fornitore deve essere libero di applicare qualsiasi mark-up e qualsiasi costo di commercializzazione ad un bene primario? E perché gli è lasciata la libertà di adottare comportamenti ingannevoli nella vendita (come i fatti dimostrano)?
Una volta definito il price cap e rispettato questo (cosa facile da verificare ) i fornitori siano liberi di fare quello che desiderano, di scannarsi ( al ribasso ) o di uscire dal mercato se non sanno controllare i loro costi.
In Italia il soggetto per gestire la definizione del “price cap” esiste (ARERA ) ed anche gli strumenti ed i processi di attuazione e controllo (SII, Acquirente Unico, l’eccellente "Portale Offerte").
Il quadro normativo per legiferare è anche già impostato e persino applicato, in un contesto diverso: quello dei tassi di interesse bancari.
La norma di riferimento è l’art. 644 c.p. che dal 1996 così dispone :
Chiunque (…) si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità, interessi o altri vantaggi usurari, è punito con la reclusione da due a dieci anni e con la multa da euro 5.000 a euro 30.000 .
E’ curioso ma forse non casuale che il legislatore abbia introdotto nel 1996 il termine “altre utilità”, che ha assonanza col termine inglese “utility”, cioè servizi energetici.
Un profeta ?
9 maggio 2025 (v.2)